4/3/2017

ECCENTRIC SPACES. L'EPOS DELLE MUTAZIONI SPAZIALI

TORINO | RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY | 17 FEBBRAIO  1 APRILE 2017

Da Riccardo Costantini Contemporary ha inaugurato una mostra di cinque artistea cura di Elena Inchingolo e Paola Stroppiana, ispirata al saggio La prospettiva come forma simbolica di Erwin Panofsky, dove la costruzione dello spazio è subordinata alle forme percettive relative alle epoche storiche e antropologiche.

Al contrario di quanto definito nella persuasione sensoriale ordinaria, che attua un rapporto di sintesi tra coscienza e mondo apparentemente stabile, lo spazio è una materia duttile, dipendente da fattori discontinui legati a condizioni fisiche, neuropsichiche e culturali. La scienza lo ha piegato con formule relativistiche, dopo che le sfere celesti hanno mantenuto la Terra come centro fino all’età moderna, e dopo che lo spazio assoluto newtoniano ha subito un temporaneo trasferimento all’interno delle strutture pure del pensiero con la Critica della ragione di Kant.

Comprese le inconsapevoli trasformazioni cui lo spazio può essere suscettibile, le cinque artiste vi applicano una volontà formatrice manipolandolo attraverso le sue forme, le relazioni di distanza tra i soggetti, la tensione inclusiva tra decorazione astratta e figurazione e le proiezioni inquiete di una psiche incerta.

Caroline Corbasson è intervenuta su una serie di mappe astronomiche le cui costellazioni si distribuiscono in superficie per ritmarla con un motivo puntiforme. Le fotografie stellari registrano una strana anomalia che pulsa dislocandosi tra i radianti fin quasi a far insorgere l’ipotesi di un misterioso codice di comunicazione. Si tratta, in realtà, di un’area a gravità infinita che non lascia irradiare la luce: un buco nero, un’aberrazione cosmica divoratrice di spazio.

Dana Levy trasferisce la stessa inquietudine spaziale all’interno di ambienti domestici. Vecchie fotografie di appartamenti arredati in stile Decò, rassicuranti per il quieto comfort borghese, si animano di presagi che ne incrinano l’immobile silenzio. Pioggia e vento trovano il varco per instillare l’arbitrio e la caoticità della natura entro le difese della vita quotidiana, esponendo alla precarietà anche le utopie rappresentate dal modernismo degli interni.

Le opere di Debbie Lawson, pur ricorrendo a media non tradizionali, attivano tensioni tipiche della storia dell’arte recente. Il tappeto è un readymade che sovverte la funzione in rappresentazione attraverso un rovesciamento semiotico, in parallelo ad altre contraddizioni irrisolte tra astrazione e figurazione, bidimensionalità e volume, figura e sfondo. Osservando l’opera, la natura in aggetto confonde le sue forme nella trama ornamentale del tappeto, e richiama l’osservatore ad uno spostamento laterale per il riconoscimento dei profili. Anche nelle opere di Dawson la natura deforma il prodotto destinato all’interno domestico, chiudendo in un rebus senza soluzione le differenti serie di opposizioni dialettiche.

Noa Pane modella plasticamente un materiale amorfo come l’aria mettendo in risalto l’accidentalità della forma nella casualità dell’informe. Ogni tipo di materiale è disponibile nelle sue sculture per incarnare una resistenza che imbriglia lo sviluppo dei volumi flessibili, contiene le forze centrifughe di espansione formale in una stasi contrastata, dando luogo a composizioni che rendono oggetto lo spazio incorpandolo mentre lo occupano.

Le alterazioni più significative avvengono quando lo spazio è inteso come relazione, come proiezione psichica di vicinanza e lontananza con l’altro. Le maschere di Anila Rubiku evocano la finzione sociale cui ci sottoponiamo per regolare i rapporti umani, mentre alludono, altresì, al loro potere ancestrale di scongiurare il male. Anche le relazioni sono, dunque, un gioco di rappresentazioni inautentiche, apparenza e difesa si sovrappongono contro il pericolo incarnato nei soggetti esterni. D’altra parte, le catene materializzano il simbolo di una unione che scavalca i primitivi conflitti per saldare tra gli esseri l’essenza comune.

Lo spazio cartesiano riconosciuto dal senso comune si rivela, in questa mostra, come un episodio entro un mito delle variazioni spaziali che le opere di Eccentric Spaces traducono in esperienza variabile per l’osservatore, situato – parafrasando il teologo Alano di Lilla – in una sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo.

“Eccentric Spaces”. Caroline Corbasson, Debbie Lawson, Dana Levy, Noa Pane, Anila Rubiku
a cura di Elena Inchingolo e Paola Stroppiana

17 febbraio – 1 aprile 2017

Riccardo Costantini Contemporary
Via Giolitti 51, Torino

Info: +39 0118141099
info@rccontemporary.com


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